giovedì 15 ottobre 2009

Lettera di un nativo digitale


Mi chiamo Spack e vivo una vita on-line. Cerco in rete musica, amici, novità.
Mi definiscono nativo digitale perché invece che sotto un buon vecchio cavolo sono nato
sotto un bel nuovissimo pc.
La tecnologia è il mio pane quotidiano ed una scuola più tecnologica potrebbe diventare la mensa adatta al consumo dei miei pasti.
In tanti mi chiedono di descrivere la scuola che vorrei …e io la immagino così.

Vorrei una scuola in cui l’aula tradizionale con banchi, cattedra e pareti lasci il posto ad un ambiente senza confini nel quale l’informatica non sia una tra le tante materie bensì lo strumento che permetta l’apertura verso il mondo.
Nella scuola che vorrei i prof non impongono il sapere dall’alto della loro pedana ma camminano tra i banchi in cerca del contatto e non come esseri superiori ma come uomini o donne alla pari che avvicinano la loro realtà, la conoscenza, alla nostra realtà, la tecnologia…per far si che da questo incontro nasca la voglia di imparare.


La scuola che vorrei non è quella dell’obbligo ma è quella del diritto, una scuola in cui smettere di sentirsi sudditi ribelli per diventare persone consapevoli e felici del proprio diritto all’istruzione.
Questa è la scuola che vorrei…qualcuno mi dice che in tanti stanno lavorando per renderla possibile…se così fosse la scuola che vorrei smetterebbe di essere una idea per diventare la scuola del futuro!

1 commento:

  1. Recenti studi psichiatrici dimostrano che i nativi ditali hanno un apprendimento più percettivo e meno simbolico, e sono dotati di abilità viso-motorie eccezionali. I nostri figli sono sin da piccoli più intelligenti di noi; perchè non consentirgli un'ulteriore crescita intellettiva e culturale con gli strumenti adatti?

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